Negli ultimi anni questa tecnica ha avuto una rapida diffusione anche nel nostro paese, dove sulla scia di alcuni atleti che l’hanno mostrato al grande pubblico, è diventato popolare anche tra i non sportivi.
Il principio di funzionamento è interamente meccanico e non chimico, dato che non vengono rilasciate sostanze nell’organismo. A differenza dei normali bendaggi , il KT non “costringe” un’articolazione in una posizione fissa, ma permette sostanzialmente tutti i movimenti muscolari.
Con l’aumento della fama e del suo utilizzo, il KT è diventato oggetto di numerosi studi e ricerche, volte a dimostrarne una reale efficacia.

Inoltre si usa nei trattamenti che necessitano un linfodrenaggio, ove c’è un ristagno di liquidi; nelle correzioni fasciali, ad esempio come aiuto su un lavoro di rieducazione posturale; e nell’inibizione o facilitazione muscolare quindi quando si tratta di muscoli che possono essere contratti o che non lavorano in maniera ottimale.
Il numero di studi clinici di buona qualità metodologica è limitato per determinare l’efficacia o meno del KT negli infortuni muscolo scheletrici, il suo utilizzo rappresenta comunque una modalità sicura di trattamento e, nonostante le scarse evidenze, i pazienti attivi, e in modo particolare gli atleti di alto livello, potrebbero percepire un effetto benefico.
A mio avviso l’uso del KT rientra in quei trattamenti con risposta soggettiva, inoltre ha pochissime contro indicazioni, per cui vale la pena fare una prova e poi sarà l’individuo stesso a riportarci eventuali sensazioni positive o negative che ci faranno capire se continuare o meno con il suo utilizzo…